Ci troviamo un pomeriggio tardo di novembre, a Voghera, e prima ancora della stretta di mano eccolo che lui si prova il body orange. Si scherza subito sulla taglia da scegliere e indossare: “io che da quando corro ho smesso di fumare e ho perso un bel po’ di chili, ma il body lo vorrei un po’ comodo…”, ti dice sorridendo gentile, un sorriso di uno che non si prende tanto sul serio ma si capisce subito che ci tiene alle persone con cui parla. Di sport, soprattutto. La sua passione.
Il body è indossato e alla fine, va benissimo la taglia che voleva lui, che se lo guarda in lungo e in largo, mentre parla e svela il suo atteggiamento verso lo sport, dice fra l’altro: “corro, corro da un bel po’ e mi diverto, diciamo che mi da’ soddisfazione, adesso pero’ è novembre, è la vigilia della Maratona di NY ed io avevo deciso di farmi un regalo per il mio compleanno che sarà fra pochi giorni: correre quella mitica maratona o qualcosa d’altro come un duathlon, ho scelto la seconda…”. Ecco perché ora prova questo body, Daniele Sgorbini, dunque: “ci siamo, sì, mi dedico alla multidisciplina, mi piace quest’idea. E così eccomi qui. Staffora Triathlon! C’è giusto il Duathlon di San Martino per cominciare…“. Perfetto. Logico. Non fa una piega. Detto, fatto, iscritto. Pronto (“mica tanto pronto, sportivamente parlando, ma va bene lo stesso“, precisa lui). E il body? Perchè proprio quello Staffora? “Mi piacciono i colori. – sono sincero – E lo stile che ha. Dico la verità mi piace un sacco”.
E’ il vintage che convince. Una risposta perfetta, in ogni caso. Perfetta per lo Staffel Style, per fare parte di un piccolo “club” di amici che lo sport lo fanno sul serio ma senza prendersi troppo sul serio… Benvenuto nel team, dunque. Comincia così l’avventura nella multidisciplina per Daniele Sgorbini. Amico di sport. Che prima correva, anche tanto e con soddisfazione, ora pedala e promette di farlo di più. Poi nuoterà (in realtà già fa tutto ma non di … fila). E dunque che triathlon sia. Staffora Triathlon! Prima di congedarci una richiesta: “Ok, Daniele, tutto a posto per San Martino. Iscrizione fatta. Body consegnato. Ci scrivi qualcosa dopo la tua prima gara in orange?”
Leggete qua, il post di Staffel Sgorbini dopo il Duathlon Birthday a San Martino. Per caso o non per caso, leggete di uno di noi. E alla prossima!
di Daniele Sgorbini
Fango, sudore, sorrisi. Miei e di tutti i compagni di avventura. Avviene così il debutto nella multi disciplina in mezzo ai sentieri del Duathlon Marathon di San Martino Siccomario. Zero preparazione per la frazione in bici, una voglia grande così di vedere il traguardo, possibilmente non per ultimo.
A piedi so che posso difendermi, in bici ho già accettato che ci sarà da soffrire. Manco il tempo di azzerare il Gps dopo il riscaldamento che già si parte. Tattica chiara: prima frazione a 4’20” senza forzare, che quei 30 km da pedalare sono una faccenda che proprio non conosco. Le gambe girano leggere, il serpentone della sessantina di duathleti (tutti forti, qui non è come nel running che ce n’è per tutti, qui c’è gente tosta e basta!) si allunga, ma dietro di me vedo ancora qualcuno. Bene così e adelante ma con juicio.
Il primo cambio arriva in fretta e, incredibilmente, riesco ad uscirne in modo quasi decente. I problemi arrivano dopo, bastano poche centinaia di metri e il piccolo vantaggio, che avevo accumulato correndo, sparisce. Provo a prendere la ruota di qualcuno ma c’è poco da fare. Me la cavo benino solo in discesa, dove c’è da guidare e lasciar correre la bici. Lì l’esperienza da ex endurista aiuta, ma quando c’è da pedalare serve più forza e quella ha da venire. Forse. Alla fine mi aggancia pure una vecchia conoscenza.
Nell’ultima dieci km su strada ho “tirato” Fabrizio per tutta la gara e poi mi son fatto fregare in volata. Oggi l’idea di restituirgli il favore m’intriga non poco. Provo a star con lui e per tre giri facciamo l’elastico. Va via dove serve potenza, lo riprendo dove bisogna guidare. Poi, nell’ultimo giro, qualcosa cambia. Scatta quel meccanismo che ti spinge a dar tutto negli ultimi km, sento che ne ho ancora e spingo. Lo passo e vado a riprenderne pure un altro. Allungo, metto metri e minuti tra me e gli altri. Pedalo, scappo.
Ultimo cambio: giù dalla bici, di corsa alla rastrelliera. Posala, levati il casco, leva lo smanicato e.. craack, sto maledetto pettorale si strappa dalle spillette e ci metto una vita a rabberciarlo in questo modo.
Il mio ultimo giro discreto in bici non è servito a nulla ed esco dalla zona cambio di nuovo alle spalle dei miei avversari. Poco male, so che a piedi ne ho più di loro e dopo duecento metri li riprendo. Sto un po’ coi due e poi via, me ne vado.
Stranamente oggi non ho patito per nulla la transizione della bici alla corsa, ho piazzato un paio di allunghi sotto i 4’ al km per andarmene, poi mi son messo tranquillo a trottare a 4’30” verso il traguardo. Nessuno davanti da riprendere, nessuno dietro da cui difendermi. L’arrivo è lì dietro una piega a destra. I numeri dicono 44. assoluto, ad una vita da quelli “veri”. Ci sta: quando servono fatica e passione, c’è poco da inventare. Gli sport di resistenza non regalano nulla e son belli per quello. Ti restituiscono esattamente quel che tu hai dato loro e comunque vada ti fanno sentire a posto con te stesso. Fosse sempre così pure la vita, sarebbe tutto più semplice e bello…